In questo secondo articolo della nostra serie, esaminiamo i risultati della nostra analisi dei media per capire come si sta evolvendo il dibattito mediatico sul greenwashing. A tale scopo, abbiamo analizzato le parole chiave e le affermazioni relative al tema, presenti nei media tradizionali e nei social media nell’arco di tempo di un anno (novembre 2021 – ottobre 2022). Ecco cosa abbiamo scoperto…
Le notizie fornite dai media tradizionali non sempre guidano il dibattito sui social media
I dibattiti sul greenwashing spesso si svolgono parallelamente sui notiziari online e sui social media; gli stessi argomenti generano lo stesso picco di volume. Ma il nostro grafico mostra anche che le notizie diffuse dai media non sempre generano lo stesso livello di interesse sui social e che, in alcuni casi, le discussioni sui social non sono affatto guidate dalle notizie fornite dai media tradizionali. Questo ci indica che i consumatori spesso seguono una propria agenda per le discussioni sui social media, in particolare su Twitter e Linkedin.
Ciò dimostra quanto sia essenziale monitorare il dibattito sia sui media tradizionali che sui social media, per avere una visione precisa della reputazione del vostro brand.
Alcuni settori sono sotto i riflettori più di altri
Ad emergere in maniera prevalente nella nostra analisi sono stati il settore dell’energia e dei servizi pubblici, il settore bancario, quello della vendita al dettaglio e infine quello della moda. I picchi presenti nel grafico accanto mostrano il punto in cui le singole aziende sono state sottoposte a un pesante controllo per il greenwashing. Ma nessun settore è esente e, a dire il vero, nel corso del tempo possiamo osservare che il controllo sembra aumentare per tutti i settori (osservando l’andamento crescente sul grafico). Un fattore chiave che i professionisti della comunicazione devono tener presente.
È interessante osservare che, sebbene il settore della moda e del retail non abbia dominato il dibattito in alcun mese, la lenta diffusione delle conversazioni durante l’intero anno lo ha collocato al terzo posto in assoluto.
Le notizie riguardanti brand specifici si diffondono per prime sui social media
Se osserviamo più da vicino due dei brand che hanno causato picchi di discussione nei grafici precedenti, possiamo carpire ulteriori informazioni. La nostra analisi mostra che il dibattito sul greenwashing per questi due marchi è cresciuto sui social media ancor prima di raggiungere un’ampia copertura sui media tradizionali. Ancora una volta, questo dimostra quanto il pubblico sia informato sul greenwashing e che spesso le informazioni vengono acquisite attraverso i social media prima che dai media tradizionali. L’argomento è ancora molto complesso, pertanto la verifica dei fatti e la “due diligence” che i giornalisti sono tenuti ad eseguire prima di pubblicare una notizia, potrebbero rallentare la sua pubblicazione. Questo sottolinea la necessità di monitorare attentamente il dibattito sui social media relativo al vostro brand, poiché, nel caso del greenwashing, potrebbe essere un campanello d’allarme: vi segnala che la notizia potrebbe a breve irrompere anche sui i media tradizionali.
Non sempre vengono citati i brand
La nostra analisi ha dimostrato che gran parte dei dibattiti sul greenwashing non menzionano né screditano aziende specifiche. Questo non significa che le aziende e i team di comunicazione possano tirare un sospiro di sollievo. Infatti, le accuse che diventano effettivamente di dominio pubblico tendono a imporsi e difficilmente finiscono nel dimenticatoio. Con un pubblico sempre più informato sulle tematiche ESG, le autorità di regolamentazione che iniziano a intervenire su chi inganna attraverso il greenwashing e le notizie a riguardo che vengono rese pubbliche, è possibile presumere che la pratica di rendere noti i nomi delle aziende possa aumentare.
L’emergere del green hushing
Osservando i dati, è facile comprendere perché le aziende scelgano di non divulgare la propria strategia ambientale e i relativi progressi (il cosiddetto “green hushing”). La complessità dell’argomento, il timore della cattiva pubblicità, la reazione negativa degli stakeholder e il potenziale rischio di contenziosi sono tutti fattori che hanno portato le aziende a scegliere di rimanere in silenzio. Per alcuni questa potrebbe sembrare la scelta migliore da prendere, ma in realtà questa decisione potrebbe, in futuro, danneggiare la reputazione del brand in modo significativo, in quanto gli obiettivi e i progressi dell’azienda in tema ambientale potrebbero essere ancor di più sottoposti al vaglio. Dovete anche considerare che il silenzio potrebbe dare un vantaggio competitivo ai vostri concorrenti che scelgono di comunicare apertamente.
Per accedere alla nostra analisi completa e scoprire come il vostro brand può comunicare con successo le sue iniziative di sostenibilità ambientale, scaricate il nostro nuovo whitepaper: Costruire la reputazione di un brand evitando il rischio del greenwashing.
Nel prossimo articolo della serie, condivideremo le best practice per comunicare le vostre credenziali verdi e costruire una forte brand reputation.